THE STAR(t)S
- Una Valeria
- 17 mar 2018
- Tempo di lettura: 4 min

Iniziare qualcosa è sempre un momento cruciale, come cominciare a scrivere.
E’ il momento della scelta: abbiamo la possibilità di dire tutto in tutti i modi possibili, e dobbiamo arrivare a dire una cosa in un modo specifico. Che detta così suona male.
E’ la rinuncia al mondo in favore di un posto nel mondo. Così va meglio.
Quindi questa è la mia storia, che ho un posto in cucina.
Il mio nome deriva dal turco e significa copricapo, turbante, per la la forma che ho. E sono giallo. Sono arrivato a casa di Eva perchè sono un regalo, che poteva capitarmi di essere al parco e incrociare un alano, o potevo trovarmi in uno scaffale qualunque di un’Ikea qualunque e avere per vicini dei cartoni di mobili smembrati. Invece no, mi hanno portato a casa di Eva, che il pollice ce l’ha nero, ma il cuore ce l’ha bianco e quindi chissenefrega del verde. Mi ha messo subito in cucina che è gialla come me, e per vicini ho due cuori rossi di stoffa che lei dice che almeno quelli non vanno in pezzi, e c’ha ragione. Sì ok, si potrebbero tagliuzzare con le forbici ma i sadici non li ha ancora fatti entrare qui.
Eva non mangia spesso e mi dispiace perchè vorrei vederla di più, però la sento anche se è da sola; di solito parla, ma i momenti migliori sono quando canta, che certe case sono noiose e punti tutto sul rappresentante delle aspirapolvere per una botta di novità, invece qui mi diverto. Ah, poi balla da sola ogni tanto, e poi l’ho vista dipingere di notte, l’ho vista ridere fino alle lacrime con le punte degli occhi che vanno ancora più verso l’alto che sembra venezuelana, e si vedono tutti i denti e pure il diastema, che io trovo simpatico, chissà se a lei piace, non l’ha mai detto. Insomma è contagiosa la sua risata. Ha comprato una confezione di Magnum bianchi e una di quelli alle mandorle, beve poco caffè e se manca la frutta si agita. Il suo posto è a capotavola ma lo vedo che non ci sta volentieri, le sta stretto, lei vuole spazio.
Le piaccio, è evidente. Me ne accorgo perchè mi annusa e poi chiude gli occhi per qualche secondo e sembra che lo voglia ingoiare il mio odore, quasi degno del thriller con Jean-Baptiste Grenouille, e come il profumiere Giuseppe Baldini dice che è convinta che l’anima degli esseri sia racchiusa nel loro odore, e io certo non posso smentirla. Non so quanto tempo ancora mi resta, ho saputo che qui nemmeno una pianta grassa ha avuto lunga vita, marcita per troppa acqua, e intanto di là sento Lorenzo che canta “Se passate da casa dei miei dite loro che è tutto perfetto, ho commesso le solite colpe da carenza o da eccesso d’affetto”. Provvidenziale.
E’ che qui non ho compagni a cui lanciare profumi d’intesa, qui sono da solo ad ascoltare gli esseri umani che parlano tra loro e s’intendono poco con le parole. Per esempio io ormai sono un amico di Eva, so tutto di lei, e non le ho mai parlato. Per esempio ora avrebbe alzato gli occhi al cielo ad arricciare la fronte, e mi avrebbe detto che se cito il divino le viene in mente la scienza e l’Universo, e le sarebbe passata davanti la faccia della prof. di geografia astronomica del liceo, e la sigla di Superquark che segnava l’ora del divano con i suoi dopo cena, e poi L’Astronomia, la rivista di Margherita Hack di cui era una fedele abbonata; sì perchè da piccola non ha mai avuto velleità da ballerina o da modella (per la prima ha troppe tette e per la seconda ha troppi pochi centimetri), lei sognava di fare l’astronoma! E di viaggiare nelle navicelle spaziali, e andare sulla Luna, e stare in mezzo alle stelle.
Se solo si fosse soffermata un po’ di più con Cioè, Gira la moda e Barbie&Ken c’avrebbe meno problemi oggi, ma ormai è fatta: c’è chi ambiva a Pamela Anderson che correva con la tavoletta rossa e aveva un fidanzato strafigo biondo, e chi pensava a riconoscere l’orsa maggiore e l’orsa minore di notte da sola in terrazza emulando l’aitante e affascinante Margherita. Rispetto per le infanzie difficili.
Quindi questo è un pezzo della sua storia, che poi è anche la mia che me ne sto in cucina ad ascoltarla.
Sì perchè mentre gli altri sono indaffarati a distrarsi, Eva pensa alle supernovae. A queste esplosioni gigantesche di stelle giunte al termine della loro vita. In realtà ce ne sono di due tipi: quelle che diventano così grandi perchè la forza di gravità di una nana bianca che sta degenerando attrae a sé una gigante rossa fino a un tragico quanto spettacolare destino, e quelle grandi e basta, più grandi del Sole, che brillano per circa dieci milioni di anni ma poi finiscono l’idrogeno ed esplodono.
Lei pensa a questo perchè le supernovae sono rare, e perchè in tutte le galassie le cose grandi e belle e brillanti si disintegrano prima o poi, e soprattutto perchè non muoiono ma si trasformano: i loro brandelli sono elementi importanti che si spargono nel mezzo interstellare e lo arricchiscono, e questo permette la formazione di nuove generazioni di stelle e pianeti e oggetti e alberi e montagne e sabbia, fino ad arrivare a me, che sono un tulipano giallo in un piccolo vaso bianco in cucina, e a lei, che è una donna qualsiasi, un essere straordinario.
Ora non so esattamente di chi sia questa storia, ma so che finire è anche iniziare e che un posto nel mondo è assicurato solo quando è luminoso, non illuminato.
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